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Nole, alla fine ce l’hai fatta

Novak Djokovic è riuscito a vincere l’oro olimpico, l’unico titolo che gli mancava.

Lo ha fatto battendo Carlos Alcaraz al termine di una sfida epica, terminata col punteggio di 7-6 7-6 in 2 ore e 52 minuti di gioco.

Da tie-break a tie-break.

Abbiamo ancora impresse nella mente le immagini di Djokovic che abbandona in lacrime il campo di Rio, alle Olimpiadi brasiliane del 2016.

La delusione era troppo grande per sopportare la sconfitta contro Juan Martin Del Porto, con un doppio 7-6.

Djokovic arrivata a quei Giochi Olimpici da grande favorito dopo il successo all’Australian Open e dopo aver messo fine alla maledizione del Roland Garros, vincendo il primo dei suoi 3 titoli.

Nonostante le premesse, il suo torneo durò solo una partita. Del Potro fu indomabile col suo diritto micidiale e, coadiuvato da uno scatenato pubblico argentino, costrinse Nole ad una prematura eliminazione.

Tra Rio e Parigi di mezzo ci fu l’edizione di Tokyo, svoltasi nel 2021 e senza pubblico, causa covid.

Il torneo terminò con una sconfitta in semifinale, dopo aver dominato il primo set, vinto 6-1, contro Zverev, che poi festeggerà con la medaglia d’oro.

Nella finale per il bronzo, un Djokovic totalmente demotivato, perderà contro Pablo Carreno Busta, non certo un giocatore che ricorderemo negli anni.

Il tabù sembrava dunque impossibile da sfatare e quest’anno le premesse non erano delle migliori.

Djokovic si presenta ai Giochi senza aver vinto alcun torneo a questo punto dell’anno, cosa che non succedeva dal 2005, 19 anni fa, quando aveva solo 18 anni.

Oltre a questo, solo 60 giorni fa veniva operato al menisco.

Nonostante le premesse, Djokovic conquista la finale facilmente, sconfiggendo in semifinale Lorenzo Musetti, col punteggio di 6-4 6-2.

Ad attenderlo c’è sempre lui: Carlos Alcaraz. Lo stesso avversario che solo 21 giorni fa gli aveva dato una sonora lezione nella finale di Wimbledon.

Alcaraz, il tennista più in forma degli ultimi tre mesi, sembra desinato all’ennesimo trionfo.

Il suo percorso è netto e in semifinale concede solo due giochi ad Auger-Aliassime, dimostrando un’altra volta il suo stato di grazia.

Veniamo ora al racconto della finale.

La partita è stata esaltante sin dai primissimi punti, forse una delle più belle partite 2 su 3 di sempre.

I due giocatori non si sono mai risparmiati e hanno saputo tirare fuori il meglio nei momenti più difficili, basti pensare che nessuno dei due ha concesso break al proprio avversario, con il serbo che ha annullato 8 palle break e lo spagnolo 6.

Onestamente, sul 3-3 0-15 con Alcaraz al servizio, quando Djokovic ha sbagliato una semplicissima volée di rovescio, ho pensato che la partita potesse girare in favore di Carlos. Mi sbagliavo.

Djokovic ha dimostrato di volere quella medaglia a tutti i costi e ha spinto fino alla fine, probabilmente dando più di quello che aveva.

Ci ricorderemo a lungo di quel diritto vincente sul 2-2 nel tie-break del secondo set, avvenuto alla fine di uno scambio durissimo, che di fatto ha messo fine al match, che Djokovic qualche minuto dopo chiuderà, con un altro diritto vincente, col punteggio di 7-6 7-6, lo stesso di 8 anni prima.

Game, set, match and gold medal Djokovic, che può così lasciarsi andare in un pianto di gioia, al cospetto delle lacrime di disperazione di Alcaraz, per aver realizzato il suo sogno e per essere l’unico tennista nella storia di questo sport ad aver vinto tutti e 4 i tornei del Grande Slam, le ATP Finals, tutti i tornei Master 1000 e l’oro olimpico.

Nole, sopra di te solo le stelle.

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